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The neck of my Guitar
Paul Simon, So beautiful or so what - april 10, 2011 La stampa
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NEW YORK

Paul Simon, 70 anni tra qualche mese, già metà della mela di una macchina da soldi e arte che va sotto il nome di Simon&Garfunkel, è stato ed è ancora un tipo immaginifico, che ha sparso sul proprio percorso individuale perle come «Graceland» e «Rhythm of the Saints», per tornare occasionalmente in duetto con l´antico collega in giro per il mondo. E ora che Garfunkel è afflitto da una paresi alle corde vocali («Non riesce a cantare nei toni medi e chissà quando il problema si risolverà, ma spero di fare ancora un tour con lui», dice), Simon si è deciso a mettere insieme un disco di inediti, «So Beautiful or So What», che esce il 12 aprile, una delizietta di raccolta che si rivela compendio della sua arte, con semi della freschezza degli anni più verdi, una ritmica raffinatissima che evoca in parte Graceland, spezzoni campionati, e una fioritura di temi per chitarra che ne confermano intatta la vena creativa. I dieci brani cantano la spiritualità, l´economia allo sfascio, ma anche il nipote di ritorno dall´Iraq («Getting Ready for Christmas Day»), i veterani del Vietnam («Rewrite»), l´assassinio di Luther King (la title track). Simon chiacchiera al telefono dalla sua casa nel Connecticut, dove vive con la terza moglie musicista, Edie Brickell, e i loro tre figli.

Se ad ascoltare l´album si ripensa alla sua creatività degli anni verdi, caro Simon, è segno che lei non è poi invecchiato...

«Mah, di quei tempi penso ci sia qui la semplicità, la chiarezza, il calore. Poi invecchiare s´invecchia, ma non ho ancora deciso di appendere la chitarra al chiodo, ho tre figli ragazzi, mi sento bene, faccio una vita sana, non esco».

Una spiritualità naive attraversa le nuove canzoni, lei si chiede anche che succede ´dopo´.

«Spiritualità sì, tanta, anche se in senso non religioso. Credo sia connessa con i tempi, con i problemi economici in America; c´Ã¨ tanta gente che ha perso e perde il lavoro. Quel che capita nel mondo, e anche nella mia vita, finisce sempre nelle canzoni. Ma direi che sarebbe troppo appioppargli il titolo ´Now i sing God´; il soggetto Dio appare in 4 o 5 canzoni, non l´ho fatto intenzionalmente».

Anche questa volta, si è guardato intorno nel mondo, per trovare gli strumenti adatti al nuovo lavoro.

«Sa com´Ã¨, conosco un sacco di musicisti. Il percussionista suona tanti strumenti africani, mi piacciono, sono strani per la nostra cultura e tendo ad usarli, così come la tabla indiana».

Ora va in tour nel suo paese, e il 17 luglio sarà all´Arena Civica di Milano per l´unico concerto italiano. Come saranno, i concerti?

«Stiamo provando per dare un suono complessivo omogeneo a ´So Beautiful or So What´. Negli Usa penso di proporre anche le canzoni meno conosciute del passato, non so ancora se in Europa ci saranno le canzoni più famose, e penso molto alle cover: ´Mistery train´ da Elvis, le strumentali di Chet Atkins, ´Here comes the Sun´» di Harrison».

Qual´Ã¨ la sua bibbia della musica popolare?

«Al top della mia piramide artistica ci sono Presley e Bo Diddley,

ma poi tutti gli autori rock´n´roll di tempi lontani lontani: Chuck Berry, Fats Domino, il Doo Woop. Amo il suono dei ´50, così semplice e scarso: mi sembra moderno ora, come quello delle indie band».

Elvis Costello ha scritto una recensione entusiastica del suo disco: «Questo è un uomo in pieno possesso delle sue doti, che guarda allo spettacolo e alla bellezza della vita con la chiarezza e la semplicità che sono doni del tempo».

«Sono andato a un concerto di sua moglie Diana Krall e gli ho dato una copia. Lui è un buon scrittore, e un buon musicista.

«Spiderman» degli U2 sta avendo un sacco di problemi a Broadway, e pure lei nel ´98 attraversò tempi burrascosi con «The Capeman». C´Ã¨ una spiegazione?

«Non ho visto lo show degli U2, ma quel che ho imparato da The Capeman è che il libretto dev´essere forte e il regista pure. Le canzoni debbono esser funzionali al racconto e non andare per conto loro, debbono raccontare storie».

Sarebbe possibile oggi far ascoltare un album tutto di pure ballate, come «Questions for the Angels»?

«Perché no? Tutto può essere popolare oggi, ma il problema è: come far sapere che hai fatto un album. Robert Plant ha inciso quelle country ballads con la Krauss, e ha avuto un Grammy. Però è difficile avere un hit inusuale».

Ora va molto il chewing-gum pop...

«C´Ã¨ del buono dovunque, non è facile scrivere canzoni con uno stile che si faccia sentire. Penso che quel pop di cui lei parla non venga dal cuore ma sia un prodotto».








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